ENIL ItaliaENIL Italia saluta Gianni Pellis |
Così, all’improvviso, mentre preparava il convegno di Enil Italia, European Network on Independent Living, per la realizzazione del quale si stava decisamente dannando, se ne è andato. Il cuore non ha retto. Aveva fatto tanta fatica e aveva tirato avanti la vita con determinazione ma anche con i denti. La sclerosi multipla ha avuto la meglio.
Abitava a Grugliasco, nella prima periferia di Torino, e aveva conquistato alla causa della vita indipendente due formidabili funzionari del CISAP, il Consorzio Intercomunale dei Servizi alla Persona dei Comuni di Collegno e di Grugliasco, due giganti del pensiero: Mauro Perino e Luciano Rosso.
Gianni era così, scovava situazioni e persone e poi le “regalava” agli altri, metteva in contatto tra loro persone che riteneva si sarebbero piaciute.
Si è sempre occupato di Vita Indipendente, prima ancora di fondare in Italia il movimento per la vita indipendente ENIL assieme a Raffaello Belli. Prima aveva fondato Datarc, associazione che promuove la ricerca e l’applicazione nell’ambito delle tecnologie innovative al servizio delle persone con disabilità, vincendo anche un premio europeo per l’innovazione con il sistema domotico “Apriti Sesamo”.
John lo definiva il motore immobile, secondo i concetti di Aristotele e Dante, perché, immobilizzato dalla sclerosi multipla e messo nella quasi impossibilità di parlare per mancanza di respiro, metteva in movimento il mondo.
Ha cercato di affermare il diritto alla indipendenza delle persone non autosufficienti
Il diritto. Non la carità o il mettiamoci d’accordo.
Così come era preciso nelle richieste che faceva ai suoi assistenti personali e prima agli obiettori.
Gianni riteneva sacri i rapporti con i parenti e gli amici, li coltivava e li nutriva con attenzione e un affetto che si traduceva in presenza e segni anche molto concreti di simpatia. Non si dimenticava delle tue preferenze, si ricordava dei compleanni, ti telefonava dopo che lo avevi lasciato per sapere se eri rientrato sano e salvo. Ti chiamava per salutarti e tu sapevi di esistere.
Come tutti i grandi anche Gianni era un pochino strano, questo sì.
L’abbiamo scoperto il giorno del suo funerale che aveva tenuto rigorosamente separate le sue diverse, molteplici vite. Non sapevamo dell’esistenza di un suo storico, fondamentale amico. Ma era così.
L’abbiamo visto in azione, determinato come un ariete, senza il supporto di argomentazioni verbali, senza la giustificazione di una fascinazione verbale, Gianni prendeva appuntamenti con chi ha maggiori responsabilità politiche e amministrative e si presentava per illustrare l’ineluttabilità della sua presenza, e della necessità della Vita Indipendente, per affermare: esisto e sono un testimone.
Mi sono sentita più di qualche volta a disagio perché ritenevo, e forse ritengo ancora, che gli altri vadano convinti, in qualche modo conquistati. Gianni no, ha sempre affermato, senza reticenze, la grande impresa della vita indipendente nonostante la disabilità e lo affermava anche a chi non ne era coinvolto direttamente. Imponeva la sua presenza. Lo ha fatto con il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, con il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, con chi gli capitava a tiro. Tenuto conto che non parlava quasi più si deve ben dire che era mosso da una fiducia granitica nell’evidenza dell’incontestabile diritto della vita anche con disabilità che richiede di essere ammessa, accolta.
Gianni l’ho incontrato la prima volta a Torino dove ero andata per un incontro Faip. Eravamo a casa di Piergiorgio Maggiorotti e lui, avendolo saputo e volendo incontrare una friulana, era di Villanova di San Daniele, era venuto sotto casa di Piergiorgio e aveva chiesto di conoscermi. Era un bell’uomo con un sorriso che conquista, ci eravamo presentati, aveva detto qualche parola in friulano.
Poi dopo qualche tempo, era il 1990, era arrivata al fax del centro di Spilimbergo alle 9 di sera mentre terminavo alcuni lavori, una comunicazione sorprendente ed esplosiva: Gianni mi invitava ad un incontro a Roma per presentare una grande novità, la scoperta sperimentata, verificata di come fare a vivere in piena libertà nonostante una grave disabilità come la tetraplegia. Leggevo e mi veniva da dentro una grande felicità, l’allegrezza che danno le cose nuove e belle. Aveva firmato la lettera assieme a Raffaello Belli.
E’ nata così Enil Italia che ha fatto conoscere a tutto il paese la rivoluzionaria idea dell’assistenza personale autogestota per chi non può fare da sé. E’ da qui che sono nate le varie associazioni e agenzie per la vita indipendente in Piemonte, in Friuli, in Toscana, in Lazio...
Gianni non ha mai lasciato perdere nonostante le più tragiche stanchezze, anche contro le ostilità più evidenti, non ha mai ceduto.
Al funerale eravamo tanti e tutti, per i motivi più diversi, inesorabilmente conquistati.
Gianni telefonava almeno una volta alla settimana.
Gianni aveva sempre dei progetti.
Attento agli amici, presente alle situazioni.
Quello che ha fatto nella sua vita è difficilmente riassumibile perché se è semplice fare un elenco, dal lavoro che non ha mai lasciato all’Alenia Spazio (si alzava ogni giorno con qualsiasi tempo e temperatura e andava al lavoro) alle associazioni che ha fondato e che hanno avuto di volta in volta scopi diversi: l’automazione a servizio di una possibile autonomia, fino all’agenzia per la vita indipendente, meno scontato è il fatto che in queste associazioni aveva coinvolto un vasto numero di persone: amici, conoscenti degli amici, colleghi di lavoro, annessi e connessi che poi diventavano stabili perché la serietà di rapporto che instaurava si comunicava anche a quelli che venivano dopo, una modalità di rapporto che aveva la proprietà di passare da uno all’altro. Come con gli obiettori.
Andava a finire che si conoscevano le famiglie e gli amici e gli amici degli amici. Al funerale era tutto un abbracciarsi perché erano quasi tutte persone che avevo già incontrato almeno una volta, almeno alla mega festa che aveva organizzato per i suoi 50 anni al Bit (Bureau International du Travail). Era così, determinato e grande anche nel mettere in piedi una festona immensa con carovane di persone da tutta Italia.
Se ti capitava di andarlo a trovare di sicuro ti organizzava una cenetta con una decina di suoi in una piazzetta discreta, in un ristorante dove cucinavano super lusso. Niente di banale o lasciato al caso, niente che non fosse attentamente curato. Era così la sua vita indipendente.
Mi ricordo a Bagno Vignoni, una piazza d’acqua, la sorpresa e l’emozione, la sua soddisfazione di averci portato in Val d’Orcia. Il giro della Sardegna, concluso con un tour de force per cui non eravamo andati a dormire: ci aveva colto un’alba estiva a Porto Torres aspettando che si aprisse il primo bar del paese per andare a prendere il caffè, e poi il traghetto.
Un profondo piacere del vivere, con grande cura e preparazione.
Con lui abbiamo conosciuto l’Italia.
Il primo viaggio lo abbiamo fatto in Toscana, nella Val d’Orcia: le colline, il frumento d’oro, il rosso di Montalcino, i Della Robbia, la vasca di Bagno Vignoni, Sant’Antimo con il sole e gli ulivi, le cene all’agriturismo e su tutto le cicale di giorno e i grilli di notte.
Poi siamo andati in Sardegna, in Sicilia e di nuovo in Toscana. E sulle Langhe. E sempre nuovi amici da mettere in comune e nuovi rapporti da mettere in saccoccia, preziosi, irripetibili.
Si, amava superare i limiti come quella volta che si è fatto legare sulle canoe appaiate per solcare il fiume Ombrone e, come ho saputo il giorno del suo funerale, era stato su un ghiacciaio, aveva volato su una mongolfiera e su un aliante. Aveva viaggiato ovunque: era andato negli Stati Uniti, in Svezia, in Germania in Spagna alle Canarie. Stava meditando di fare un viaggio in sud Africa.
Eppoi...?
Era uno speciale.
Aveva scritto di sé:
Sono persona con disabilità dal 1972. Avevo 23 anni, e avevo appena terminato il servizio militare, negli Alpini, quando ho iniziato a avere i primi sintomi e disturbi motori agli arti inferiori.
Lentamente mi sono bloccato, nell’ottanta sono stato costretto alla carrozzina, nell’ottantaquattro sono diventato tetraplegico e muovevo a mala pena il polso sinistro che mi permetteva ancora di scrivere dopo essere stato obbligato a reimparare a farlo con questa mano. Eppure mi sono laureato, non ho mai smesso di uscire di casa, di andare a lavorare, di frequentare la quotidianità della vita sociale e di relazione e di essere profondamente coinvolto nelle attività delle associazioni di volontariato di persone con disabilità.
Mi ritengo una persona, forse, un po’ dura, un po’ spigolosa, un po’ determinata e anche un po’, probabilmente, fortunata che però ha affrontato con forte decisione e con atteggiamento attivo, soprattutto dal momento in cui è finita in carrozzina, le problematiche del quotidiano.
Come dicevo, mi sono, ci siamo occupati sin dall’ottantaquattro anche di ausili e di tecnologie innovative. Io lavoravo e lavoro ancora in un’impresa aerospaziale: l’Alenia Spazio, quindi vivo quotidianamente a contatto con la tecnologia innovativa, elettronica, informatica, meccanica sofisticata. In quel periodo e in quegli anni mi chiedevo continuamente cosa avrei potuto fare nel momento in cui fossi diventato tetraplegico, cosa avrei fatto per risolvere questi problemi della mia vita di tutti i giorni.